più uno meno uno

Stai sbagliando persona (numero uno).
Lo dice a me, ma è lei che sbaglia. È lei che sbaglia e a me fa davvero male.

Interno notte.
Una festa a cui non sapevo di essere stata invitata, e non mi sarebbe nemmeno interessato partecipare, se non avessi visto d'un tratto lei.
Figurarsi che la riconosco da dietro, dai capelli. Quel mare di ricci neri che lei odiava tanto, da piccola, perché impossibili da domare, in ogni senso: non abbastanza ricci da essere abbandonati al loro mosso destino (mosso, come il mare, è un caso?), non abbastanza lisci da essere stirati con successo.
Anna.
Sento quel nome uscirmi dalla gola, e quella frazione di secondo in cui si gira è crudele.
Non mi riconosce.
L'uomo con cui sono venuta alla festa è lontano ma a portata di mano, pronto a raccattare la mia delusione.
Nomino gli amici comuni, le racconto una, due, tre occasioni di quel che era il nostro quotidiano di adolescenti, nomino il primo ragazzo di cui mi sono innamorata, la prima ragazza di cui mi sono innamorata, ma quei due nomi sbattono e rimbalzano sul suo viso senza generare emozione.

Mi sa che hai sbagliato persona. Me lo dice di nuovo con gli occhi impassibili. Ma io ora che l'ho sentita parlare non ho più dubbi.
È Anna.
Quell'Anna a cui ho raccontato la mia prima volta, quella vera. La stessa Anna a cui anni prima avevo confidato di essere sstata molestata. Quella i cui diciotto anni hanno rappresentato l'unico evento denominato festa a cui abbia mai avuto il piacere di partecipare durante il liceo.
Quell'Anna non esiste più.
Devo reagire velocemente. Devo fare qualcosa che mi pesa moltissimo e mi apre una ferita nel petto.
Scusarmi. E congedarmi.

Il mio uomo non sa come accogliermi quando dico semplicemente non si ricorda di me. Eppure alla fine trova il modo, scortandomi fuori, dove posso riprendere a essere invisibile per scelta.

Esterno notte.
Sul molo non c'è nessuno a parte noi due e una vecchia signora curva su un libro, rannicchiata sull'unica panchina pubblica posizionata sotto un lampione (ottimo posto per leggere, se hai una casa non attrezzata per mitigare questa temperatura estiva).

Provo mentalmente le frasi per la conversazione dell'occasione. Me gustaria llegar a su edad con esta...criniera. Non so come si dice. Criniera bianca meravigliosa. Potrebbe essere Anna da vecchia. C'è un tramonto formidabile che andrebbe compartido con tutti, ma siamo solo in due. Trattengo il fiato immaginando di fare un colpetto sulla spalla della signora e dire mira que...! ma non voglio disturbare la sua lettura.
Mi piacerebbe davvero arrivare a quell'età con quel capello bianco. E anche con questa faccia schiacciata chiaramente sudamericana. Me gustaria llegar a su edad. Grazie per aver sorriso senza aspettare che attirassi la sua attenzione.

Mi sa che hai sbagliato persona (numero due).

Interno giorno.
Sono un ostaggio. O meglio, quando mi rendo conto del posto in cui mi trovo, e di chi è, so che dovrei avere paura, ma il primo pensiero invece è solo un'assurda certezza di avere tanto tempo a disposizione. Non direi per scappare, direi forse per concludere il mio compito e poi tornare a casa.

Questa più che una festa è il luogo dove si è conclusa una festa, ma non quella dolorosa di Anna. Una festa di rappresentanza, per così dire: un evento di scena e ostentazione per le altre famiglie dello stesso clan di camorra. Io ci sono dentro ma sono solo spettatrice.
Mi tollerano, forse mi rispettano, ma non si aspettano niente da me. Il mio compito, qui e ora, è chiaramente rimettere tutto in ordine, accertarmi che il cibo avanzato non venga sottratto da ospiti di passaggio, se necessario conservare, dividere, restituire.
Le matrone vengono in cucina a rendere conto di ciò che stanno riportando dalle sale della casa, e io cerco di iniziare a razionalizzare, prima che arrivi chi deve pulire, ma per qualche motivo non ci riesco.
La mia posizione è comunque confusa: non sono sicura di quale senso della parola ospite si addica al mio status. So di non essere sola, ma è come se non avessi la possibilità di entrare in contatto con le persone note che sono nella stessa casa.
Quando mi è chiaro che non ha più senso contribuire all'organizzazione del cibo, mi lascio dietro la cucina, con tutti gli estranei che discutono in gruppi a me chiusi, e lo sguardo che lancio al portico è illuminante.
C'è solo una sedia occupata e la persona, anche di spalle, è chiaramente un poliziotto.

L'ovvia parola seguente è corruzione.

Il poliziotto che presenzia a una festa di camorristi non può essere una brava persona. Ma non c'è bisogno di dirlo ad alta voce.
È lui che si rivolge a me. Mi dice il mio nome e cognome.

- Non sarebbe meglio che riprendessi gli studi, invece di stare qui?

Penso, ma non gli dico, che a quarant'anni mi sembra inutile riprendere gli studi. È un po' tardi per invertire la rotta. Casomai dovrei lavorare.
Sorrido a malapena e aspetto la prossima battuta.

- Poi sei così brava nello sport. Perché non pensi alla carriera agonistica invece di stare con questa gente?

Prima non ne ero sicura, ma ora sì. Mi sa che sta sbagliando persona. Dico. So che esiste una mia omonima che ha circa quindici anni meno di me ed è una sportiva.
Nemmeno come poliziotto sei stato bravo a distinguere l'una dall'altra. Ti manca qualcosa, come a me.

[14/12/2017 - 19:20]

Sezione: 
Catemera