your right my wrong

Due domande giuste, due risposte sbagliate.
- Sei felice?
- Sono in equilibrio.
Perché ho risposto così? Perché avevo paura dello sguardo di ritorno. Perché avrei voluto buttar fuori un limpidissimo no dal sapore malinconico e la serata non lo era.
La semplicità liberatoria del mio no sarebbe stata infelice come me e avrebbe richiesto troppe spiegazioni.
Solo pochi giorni prima scrivevo a Pietro "sto facendo qualcosa che mi piace, anche se per poco, che considerato che al momento non ho altro e mi mancano tutte le cose che vorrei, non è poco, almeno è qualcosa".
- Sei felice?
- Sono in equilibrio. Sono venuto a patti con l'idea di essere infelice.
Ma non è vero. Non riesco ad accettarlo. Mi anestetizzo tanto e a lungo per riprendere a percepire la realtà senza subirla, ma non ho accettato un bel niente. Non ho accettato di essere solo, di non essere innamorato, di essere un sopravvissuto, di sentirmi libero solo quando posso permettermi una delle mie fughe in giro di quelle senza meta.
Non riuscirò mai a fare i conti con il mio bisogno di contatto e la difficoltà di guadagnarmelo.
Sono felice? Non sono felice.
Sono anestetizzato per la maggior parte del tempo ad eccezione dei periodi in cui sento che rischierei di perdermi cose belle, e allora scelgo di togliermi quel sedativo emozionale che mi azzera i dolori ma anche i piaceri.
Sono felice? Sono sospeso in attesa di esserlo.
- Quante volte ti sei innamorato?
- Una... due... tre.
Comincio a raccontare e il cervello mi si spegne. Non so se abbia senso raccontare le mie storie. Raccontano il mio vissuto ma non dell'intensità dei miei sentimenti, o meglio della mia capacità di innamorarmi.
Perché quando non sono sedato mi innamoro in continuazione, non importa se per pochi minuti e ogni maledetto giorno. Mi innamoro sempre.
Sono stato insieme a persone di cui sapevo di non essere innamorato e a volte mi è andata bene, altre mi è servito a capire qualcosa di me: intendo, perché l'abbia fatto pur non volendolo fare.
Forse la domanda migliore sarebbe dovuta essere: "quante volte non ti sei innamorato?". Perché io potessi raccontare qualcos'altro di me, qualcosa di meno semplice e meno immediato da comprendere guardandomi.
Perché il mio bisogno insopprimibile di contatto ha sempre dei motivi gravi per decidere di mettersi in pausa e forse un giorno dovrei raccontarli a chi ha il diritto di conoscerli. E anche, perché di certe persone mi innamoro subito o prima. Ed è difficile anche così, anzi è impossibile dimostrare che non si tratti solo di un banale colpo di fulmine.
Quante volte mi sono innamorato? Escludendo quelle in cui il sentimento era condiviso (no, non ricambiato) direi tutte. Tutte le volte. Tutto il tempo che ho vissuto escluso quello in cui mi sono spento.

Sezione: 
Catemera