orphans

Soundtrack: 

Aggiorno i nostri sistemi di interazione e comunicazione cominciando ad appuntare le mie idee in un documento virtuale a cui ti darò accesso e di cui diventerai coautore. Un foglio condiviso, un nuovo esperimento per il nostro bisogno comune di scrivere, raccontare, trasformare in comunicazione le nostre emozioni presenti, passate future. Troveremo un escamotage, un espediente grafico, un trucco tecnico per distinguerci nella stesura della nostra storia, perché questa sarà una storia scritta a quattro mani, con un sentimento comune: rimanere, lasciare una traccia.

Ho la sudditudine senza conoscere il sud, ho la fretta di esplorare il passato del sud prima che diventi anche il mio. Ho bisogno di una Storia emotiva, perché per quella strutturata che si studia sui libri non ho più tempo. Ho bisogno di quello che sui libri non c’è e che se non l’hai vissuto si dissolve alla prima ristrutturazione.

Il sole, l’amore fraterno: due pilastri. E invece no, la pioggia. Oggi è la pioggia a comprimermi ed è lei la scintilla del mio malessere, non già ovviamente la causa reale. Il sud più scontato è probabilmente l’ultimo che devo toccare con le mie riflessioni, il sud che si manifesta dallo specchio di Alice evidentemente è quello che mi è dato analizzare al momento, togliendo tutte le certezze, tutte le banalità, tutti i luoghi comuni. Il sud come dici tu è un modo di essere, non è più niente di fisico, non è nemmeno uno stato d’animo, è una sovrastruttura che rimane sospesa fino al momento in cui qualcosa dal basso non ne rievoca elementi, non ne chiede conferme, non pretende di darne una voce. Per questo ho pensato a te, non volevo racconti, non volevo esempi, so che non me ne avresti dati, so che non interessa nemmeno te. Non volevo usare questo posto come confessionale e non intendo farlo ma oggi la mia espressione di sud passa dalla pioggia direttamente nelle ossa, e attraversa qualcosa che non so come gestire. Non siamo preparati mai abbastanza al tradimento delle aspettative d’affetto. Non siamo mai abbastanza abituati alla distanza che debilita l’affetto. Avevo dodici anni e le persone che avrebbero dovuto proteggermi e occuparsi del mio bene erano distanti, si occupavano di altro e al limite si preoccupavano di me. È la parola che odio più ferocemente: se ti preoccupi sei sempre sul punto di fare qualcosa, ma non lo fai mai. Se tu ti preoccupi soltanto, finisce che mi devo occupare io di me stessa. E così ho fatto.

Volevo mettere insieme gli elementi di una mappa del sud. Attraverso, forse, la loro negazione. Oggi piove, io sono lontana, non mi riconosco in un tessuto familiare, ho solo una manciata di amore corrisposto che langue sulla rotta di questi chilometri. Oggi piove, voglio sapere se sai spiegarmi come hai riconosciuto (una tua) Napoli anche attraverso l’acqua di una pioggia battente, voglio invitarti a trovare un nesso tra l’acqua che scende, quella che sale, quella che scorre e quella che si asciuga. Questo voglio da te, se puoi, se vuoi. Da qualcun altro, posso solo volere un risarcimento per tutte le piogge impreviste, gli amori inattesi, i dolori troppo temuti, i calori arrivati troppo tardi.

Sezione: 
Catemera