atlas

L'atlante dei luoghi emotivi è quel libro abbandonato da qualche parte dentro di me, che richiede manutenzione per non finire in briciole. Gli basta poco, essere rispolverato ogni tanto: poi c'è questo muscolo del fuoco mentale che passa in rassegna i fatti e decide cosa comprendere al momento giusto, cosa lasciare da parte, come muoversi e quanto tempo attivarsi. Sempre attivo, sempre vigile, sempre potente. Ma oggi è spento, è come se guardassi davanti a me e non mettessi a fuoco con gli occhi. Ci sono delle caselle da riempire, delle domande a cui rispondere, dei passi da studiare, ma sembra attivo solo il pilota automatico, che impara le tabelline senza capirle, ripetendole a memoria.
Scorre immagini senza senso prese a caso dal mio passato, proponendomi un nesso, di solito, mentre oggi no: oggi aspetto ancora che si accenda il settore dell'analisi. Cerco di capire che avrà voluto dirmi con le passeggiate primaverili durante la merenda a scuola, che non erano passeggiate, ma non lo sapevo, e mi vedevo solo le galosce ai piedi insabbiarsi nei terreni incolti attorno alla scuola, che pomposamente venivano chiamati giardini, ma con l'erba così alta che ci si immergeva dentro. La maestra avrà pensato che ero una bambina problematica, mi ricordo di quando ci? mi? comunicò che se ne sarebbe andata via per un anno perché era incinta, e il tono era proprio quello che si usa con un bambino che si crede non possa capire, con qualcuno di fragile.
L'atlante dei luoghi emotivi ha un'immagine stampata che non si sbiadisce mai, di un bambino con gli occhi ridenti e intelligenti che avrei voluto fosse mio amico e potrei non incontrare mai più. L'atlante non mente, il muscolo del fuoco mentale qualche volta sì. Si è dimenticato di mostrarmi qualcosa, lo so, lo sento: raccolgo i nomi e me li porto a dormire.

Sezione: 
Catemera